Sermoni Mariani

ANNUNCIAZIONE (I) DELLA BEATA VERGINE MARIA

1. "Come sole sfolgorante, e come arcobaleno splendente fra le nubi di gloria", ecc. (Eccli 50,7-8).
    Dice l'Ecclesiastico: "Vaso meraviglioso è l'opera dell'Altissimo!" (Eccli 43,2). La vergine Maria è chiamata "vaso", perché è "talamo del Figlio di Dio, speciale dimora dello Spirito Santo, triclino35 (banchetto) della Santissima Trinità". Infatti dice ancora l'Ecclesiastico: "Colui che mi ha creata, ha riposato nella mia tenda" (Eccli 24,12). Questo vaso fu "opera meravigliosa dell'Eccelso", del Figlio di Dio, che l'ha voluta più bella di tutti i mortali, più santa di tutti i santi, e in lei ha voluto essere plasmato egli stesso: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14).
    Di quest'opera meravigliosa, nel terzo libro dei Re si dice che "Salomone fece scolpire sulle porte del Tempio cherubini, palme e boccioli di fiori" (3Re 6,32). La porta del cielo, la porta del paradiso è la vergine Maria, sulla quale il vero Salomone scolpì i cherubini, che rappresentano la vita angelica e la pienezza della carità; le palme, che indicano la vittoria sul nemico, il verdeggiare della perseveranza e la sublimità della contemplazione; i bassorilievi di boccioli di fiori, che sono le preziose cesellature raffiguranti l'umiltà e la verginità.
    Tutto questo fu scolpito nella beata Vergine Maria dalla mano della Sapienza. Giustamente quindi è detto: "Come sole sfolgorante, e come arcobaleno splendente fra le nubi di gloria".

2. Osserva che la Vergine Maria fu sole sfolgorante nell'annunciazione dell'angelo, fu arcobaleno splendente nel concepimento del Figlio di Dio, fu rosa e giglio nella nascita di lui. Nel sole ci sono tre prerogative: splendore, candore e calore, che corrispondono alle tre parti del saluto dell'arcangelo Gabriele. La prima: Ave, piena di grazia; la seconda: Non temere; la terza: Lo Spirito Santo scenderà su di te.
    Quando dice: "Ave, piena di grazia! Il Signore è con te; tu sei benedetta fra le donne" (Lc 1,28): ecco lo splendore del sole. E questo può riferirsi anche alle quattro virtù cardinali, ognuna delle quali rifulse in Maria in tre modi. Dalla temperanza le venne la riservatezza nel corpo, la modestia nel parlare, l'umiltà del cuore. Ebbe la prudenza quando tacque nel suo turbamento, quando comprese il significato di ciò che aveva udito, quando rispose a ciò che le veniva proposto. Ebbe la giustizia quando attribuì a ciascuno ciò che gli era dovuto. Si comportò con fermezza di cuore nel suo sposalizio, nella circoncisione del Figlio, nella purificazione stabilita dalla legge. Manifestò la sua compassione a chi soffriva, quando disse: "Non hanno più vino" (Gv 2,3). Fu in comunione con i santi, quando perseverava nella preghiera con gli apostoli e le altre donne (cf. At 1,14). Per la sua fortezza e grandezza d'animo si assunse l'obbligo della verginità, lo osservò e tenne fede a quell'altissimo impegno.
    San Bernardo afferma che "le dodici stelle poste sulla corona della donna" (Ap 12,1), della quale parla l'Apocalisse, sono le dodici prerogative della Vergine: quattro del cielo, quattro della carne e quattro del cuore, che scesero su di lei come stelle del firmamento.
    Le prerogative del cielo furono: la generazione di Maria, il saluto dell'angelo, l'adombrazione dello Spirito Santo, l'ineffabile concepimento del Figlio di Dio.
    Le prerogative della carne: fu la prima di tutte le vergini, fu feconda senza corruzione, gravida senza disagio, partoriente senza dolore.
    Le prerogative del cuore furono: la pratica dell'umiltà, il culto del pudore, la magnanimità della fede e il martirio spirituale, per il quale una spada trafisse la sua anima (cf. Lc 2,35).
    Alle prerogative del cielo vanno riferite le parole: "Il Signore è con te"; alle prerogative della carne, le parole: "Benedetta sei tu fra le donne"; alle prerogative del cuore, le parole: "Piena di grazia".
3. Quando dice: "Concepirai e darai alla luce un figlio, e lo chiamerai Gesù" (Lc 1,31), ecco il candore del sole. E come avrebbe potuto concepire il "candore della luce eterna e lo specchio senza macchia", se non fosse stata lei stessa candida? Del candore della Madre, il Figlio dice nel Cantico dei Cantici: "Il tuo ventre è tutto avorio, tempestato di zaffiri" (Ct 5,14). L'avorio, che è osso dell'elefante, è "candido e freddo", e in questo è indicata una duplice purezza: quella dell'anima nel candore, quella del corpo nella freddezza. Ambedue ornarono il talamo della Vergine gloriosa.
    Si legge nella Storia Naturale che l'elefante è il più domestico e il più obbediente di tutti gli animali selvatici; può essere agevolmente ammaestrato e apprende con facilità, e per questo gli viene insegnato ad adorare il re, e manifesta una buona sensibilità. Rifugge soprattutto dall'odore del topo il quale, come alcuni affermano, è prodotto dall'umidità della terra. Il topo (lat. mus) è terra, infatti la terra si chiama anche umo (humus) . Sotto questo aspetto, l'elefante può anche essere figura della beata Vergine, che fu la più umile e obbediente delle creature e adorò il re (il Figlio) che aveva dato alla luce.
    Il topo è simbolo della lussuria, che nasce dall'umidità della terra, cioè dal piacere della gola. E in Maria non solo non ci fu lussuria, ma ne rifuggì anche il minimo indizio: infatti si turbò all'apparizione dell'angelo. Sul suo esempio, tutti coloro che vogliono vivere castamente in Cristo, non solo devono fuggire il topo della lussuria ma evitarne anche il più lontano sospetto. E non c'è da meravigliarsi che si debba fuggire l'impurità, quando l'elefante, che per la sua mole sembra quasi una montagna, fugge di fronte al topo.
4. Dice il Signore per bocca di Isaia: "Sterminerò il nome di Babilonia e il resto, la prole e la stirpe" (Is 14,22). Il giusto, il nazireo (consacrato) del Signore, deve sterminare il nome di Babilonia, cioè ogni genere di lussuria. "Si allontanino dalla vostra bocca le cose vecchie" (1Re 2,3). "La mia bocca non parli delle opere degli uomini" (Sal 16,4); e stèrmini anche tutte le altre cose, cioè le fantasie impure, che di solito ritornano alla mente anche dopo che il peccato è stato perdonato; la prole, cioè la vogliosa lascivia degli occhi, della quale dice ancora Isaia: "Dalla radice del serpente uscirà una vipera, e la sua stirpe inghiottirà l'essere alato" (Is 14,29). "Dalla radice del serpente", cioè dalla suggestione diabolica e dal consenso della volontà uscirà una vipera, l'occhio lussurioso, "perché - afferma Agostino - l'occhio impudico è indice di un corpo impudico"; e la sua stirpe, cioè l'oscenità delle parole e la sfrontatezza del riso inghiottirà l'essere alato, cioè il giusto. Ahimè, quanti esseri alati, quanti giusti, purtroppo, sono stati ingoiati in questo modo funesto e per questi eccessi. Ecco perché ogni progenie, vale a dire ogni occasione di lussuria, dev'essere distrutta e sterminata, affinché il ventre, cioè la mente, possa essere candida come l'avorio. Giustamente quindi è detto: "Il tuo ventre è tutto avorio, tempestato di zaffiri" (Ct 5,14).
    Lo zaffiro è una pietra preziosa di colore celeste. Il demonio non si avvicina ad una casa in cui c'è uno zaffiro. Nello zaffiro è raffigurata la contemplazione delle cose celesti. Alla mente immersa nella contemplazione, il diavolo non ha accesso. Però, non essendo possibile vivere sempre immersi nella contemplazione, è detto "tempestato di zaffiri", quasi per precisare che non dappertutto ci sono gli zaffiri, come appunto non si può dedicarsi in continuazione alla vita contemplativa. Il ventre della Vergine gloriosa fu tutto avorio e tempestato di zaffiri, perché eccelleva nel corpo per il candore della verginità, e nell'anima per lo splendore della contemplazione.
5. Con le parole: "Lo Spirito Santo scenderà su di te" (Lc 1,35), è indicato il calore del sole. Il calore è il cibo e il nutrimento di tutti gli esseri viventi: se il calore viene a mancare, sopravviene il declino e la morte. La morte è l'estinzione del calore naturale nel cuore, per il venir meno della linfa e il sopraggiungere di ciò che le è contrario.
    Osserva infatti che il motivo per il quale le foglie cadono dagli alberi è la carenza del nutrimento, cioè del calore. Quando in inverno il freddo avvolge dall'esterno gli alberi e le erbe, il calore, fuggendo da ciò che gli è contrario (il gelo), si concentra nelle radici: e quando nelle radici aumenta, attira a sé nel profondo tutta la linfa sottraendola ai rami e alle estremità superiori, per mitigare la sua intensità e impedire così che le parti inferiori si brucino. Perciò, venendo a mancare il nutrimento nelle parti alte, necessariamente le foglie cadono.
    Il calore è la grazia dello Spirito Santo. Se essa si ritira dal cuore dell'uomo, viene meno la linfa della compunzione e, di conseguenza, l'anima sventurata cade nella morte del peccato. Aggiungendosi poi il gelo dell'iniquità, il calore dello Spirito Santo fugge da ciò che gli è contrario, e così l'anima resta spoglia di ogni bene. Il sopravvento del vizio provoca la scomparsa della virtù. Leggiamo infatti nel libro della Sapienza: "Lo Spirito Santo che ammaestra rifugge dalla finzione, si tiene lontano dai pensieri insensati ed è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia" (Sap 1,5), cioè viene cacciato, con tutti i suoi beni, dall'iniquità che si impadronisce dell'anima.
    Invece quando arriva il calore, la terra si riscalda, fa germogliare le erbe e produce i frutti. Così, dopo la discesa dello Spirito Santo, la terra benedetta concepì e diede alla luce il Frutto benedetto che ha scacciato ogni maledizione. Giustamente quindi è detto: "Lo Spirito Santo scenderà su di te". Per questo Maria nell'Annunciazione dell'angelo rifulse veramente come il sole.
6. Maria fu poi arcobaleno splendente nel concepimento del Figlio di Dio. L'arcobaleno si forma con il sole che entra in una nuvola, nella quale ci sono quattro colori: il fuligginoso, l'azzurro, l'aureo e l'infuocato. In questo giorno il Figlio di Dio, sole di giustizia, entrò nella nube, cioè nel seno della Vergine gloriosa, e questa diventò quasi un arcobaleno, segno dell'alleanza, della pace e della riconciliazione, tra le nuvole della gloria, cioè tra Dio e i peccatori. Leggiamo infatti nella Genesi: "Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell'alleanza tra me e la terra" (Gn 9,13).
    Ricòrdati che le nuvole erano due: l'ira di Dio e la colpa dell'uomo. Dio e l'uomo combattevano tra loro. Dio, con la spada della sua ira, ferì l'uomo e lo condannò alla morte; l'uomo con la spada della colpa, peccò mortalmente contro Dio. Ma dopo che il sole entrò nella Vergine, fu fatta la pace e la riconciliazione, perché lo stesso Dio e Figlio della Vergine, dando completa riparazione al Padre per la colpa dell'uomo, fermò l'ira del Padre affinché non colpisse l'uomo. Queste due nuvole sono chiamate "glorie", perché furono disperse per opera della Vergine gloriosa.
    Osserva che nell'arco di colore fuligginoso è indicata la povertà di Maria; in quello color azzurro la sua umiltà; in quello color oro la sua carità, e in quello infuocato la sua intatta verginità, la cui fiamma da nessuna spada può essere divisa o danneggiata. Di quest'arco dice l'Ecclesiastico: "Osserva l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto: è bellissimo nel suo splendore. Avvolge il cielo con un cerchio di gloria" (Eccli 43,12-13). Contempla l'arcobaleno, considera cioè la bellezza, la santità, la dignità della beata Vergine Maria e benedici con il cuore, con la bocca e con le opere il suo Figlio, che così l'ha voluta. È veramente stupenda nello splendore della sua santità, sopra tutte le figlie di Dio. Ella avvolse il cielo, cioè circondò la divinità, con un cerchio di gloria, vale a dire con la sua gloriosa umanità.
    Orsù, dunque, nostra Signora, unica speranza! Illumina, ti supplichiamo, la nostra mente con lo splendore della tua grazia, purificala con il candore della tua purezza, riscaldala con il calore della tua presenza. Riconcilia tutti noi con il tuo Figlio, affinché possiamo giungere allo splendore della sua gloria.
    Ce lo conceda colui che oggi, all'annuncio dell'angelo, ha voluto prendere da te la sua carne gloriosa e restare chiuso per nove mesi nel tuo grembo. A lui onore e gloria per i secoli eterni. Amen.
7. "Sarò come rugiada per Israele: esso fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano. I suoi rami si allargheranno, avrà la bellezza dell'olivo e la fragranza del Libano" (Os 14,6-7)."In quel giorno le montagne stilleranno dolcezza e per le colline scorreranno latte e miele" (Gl 3,18). Il giorno (in lat. dies, dal sanscrito dyan, luminosità) indica il tempo della grazia, nel quale i monti, cioè i predicatori, stillano la dolcezza della predicazione; e i colli, cioè coloro che ascoltano i predicatori, abbondano del latte e del miele dell'incarnazione del Signore.
    Osserva che è detto: "i monti stillano", perché qualunque cosa predichino è come una stilla, una goccia, in confronto alla misericordia divina, che "non ci ha salvati per le nostre opere di giustizia" (Tt 3,5), della nostra giustizia; "e i colli fanno fluire": gli ascoltatori, ricevuta la goccia della predicazione, devono sovrabbondare di fede nel Verbo Incarnato, cioè nel Figlio di Dio, che dice appunto con le parole di Osea: "Io sarò come rugiada per Israele".
8. Il Figlio di Dio è paragonato alla rugiada, a motivo delle tre proprietà di questo elemento: la rugiada discende al mattino, si posa con delicatezza, apporta refrigerio nella calura. Allo stesso modo il Figlio di Dio discese nella Vergine al mattino, cioè nel tempo della grazia. Leggiamo infatti nell'Esodo: "Al mattino apparve nel deserto una specie di rugiada minuta, come pestata nel mortaio (intendi la manna), che somigliava alla brina sparsa sul terreno: il suo sapore era come di fior di farina mescolato al miele" (Es 16,13. 14. 31). Il deserto è figura della beata Vergine Maria, di cui dice Isaia: "Manda, Signore, l'agnello" (non il leone) "a dominare la terra" (non a devastarla), "dalla pietra del deserto", cioè dalla beata Vergine Maria, "al monte della figlia di Sion" (Is 16,1), cioè della chiesa che è figlia di Sion, vale a dire della celeste Gerusalemme. E osserva che la beata Vergine è chiamata "pietra del deserto": "pietra" perché non può essere arata, sopra la quale il colubro (il serpente), cioè il diavolo, che coltiva le ombre (colit umbras), come dice Salomone, non poté trovare passaggio (cf. Pro 30,18-19); "del deserto", perché non coltivata, non seminata da seme umano, ma resa feconda per opera dello Spirito Santo.
    Si dica dunque: "Apparve la rugiada", cioè il Figlio di Dio, "nel deserto", cioè nella beata Vergine. Egli fu come la manna, reso "piccolo" nel concepimento e nella nascita; e quasi "pestato nel mortaio" nella sua passione, flagellato con le verghe, colpito con gli schiaffi, oltraggiato con gli sputi; e "simile alla brina sopra la terra" nella predicazione degli apostoli: "Per tutta la terra si diffuse la loro voce... " (Sal 18,5); e il suo "gusto" ci sarà dolce come quello del "fior di farina misto a miele", cioè della sua divinità unita all'umanità, nella beatitudine della patria celeste. Perciò il Figlio di Dio può affermare: "Io sarò come la rugiada", che nel mattino della grazia scende nella Vergine Maria.
    Ma sarò anche una rugiada che discende "delicatamente", come dice il profeta: "Scenderà come pioggia sull'erba, come acqua che irrora la terra" (Sal 71,6). Osserva come sia diversa la caduta della pioggia da quella della grandine. La pioggia cade delicatamente per fecondare, la grandine cade con violenza per distruggere.
    Nella sua prima venuta, Cristo fu come la pioggia che discese nel vello, nel seno della Vergine; nella seconda venuta sarà come la grandine, che colpirà gli iniqui con la sentenza di morte. Per questo dice Davide: "Fuoco e grandine, neve e ghiaccio, vento di bufera che obbediscono alla sua parola" (Sal 148,8). Sarà fuoco che brucia e non consuma, del quale è detto: Andate, maledetti, nel fuoco eterno (cf. Mt 25,41). Sarà grandine che colpisce, della quale dice Geremia: "Tempesta che si abbatte sul capo dei malvagi" (Ger 30,23). Sarà neve che inghiotte, come si legge in Giobbe: Su chi ha paura della brina, cioè dell'espiazione della penitenza, cadrà la neve della morte eterna (cf. Gb 6,16); cadrà il ghiaccio che lo stritolerà; soffierà il vento della bufera che mai cesserà.
    Tutto questo formerà "la parte del calice, cioè del castigo, di coloro" (Sal 10,7) che bevono dal calice d'oro di Babilonia, vale a dire del mondo, che è nelle mani della meretrice, cioè della concupiscenza della carne. Ma il Figlio di Dio, nella sua prima venuta, scenderà come pioggia sull'erba, come è detto nel libro dei Giudici: la rugiada discese sul vello di Gedeone (cf. Gdc 6,37-38). E commenta il beato Bernardo: Il Figlio di Dio impregnò di sé tutto il "vello", cioè la beata Vergine Maria, e poi anche tutta la superficie arida, vale a dire tutto il mondo.
9. Venne dunque il Figlio per farsi una veste con la lana della pecorella, cioè dalla Vergine, chiamata pecorella per la sua innocenza. È lei la nostra Rachele, nome che significa appunto "pecora", che il vero Giacobbe trovò presso il pozzo dell'umiltà, come è scritto nella Genesi (cf. Gn 29,10). La pecora può raffigurare anche Adamo, di cui è detto: "Andai errando come pecora smarrita" (Sal 118,176).
    Leggiamo nella Storia Naturale che se si confeziona una veste con la lana di una pecora sbranata dal lupo, in quella veste si sviluppano i vermi, le tarme. Così dalla lana della nostra carne, che abbiamo preso dalla pecora, cioè dal nostro progenitore, sbranato da quel lupo che è il diavolo, scaturiscono i vermi degli istinti naturali, ed essa va in putrefazione. Ma Cristo, per purificarci dalla contaminazione della carne e dell'anima, assunse una lana incontaminata, come l'aveva la pecora (Adamo) prima di essere sbranata dal lupo. Del Cristo dice infatti Isaia: "Egli mangerà panna e miele" (Is 7,15). Osserva che la pecora produce due alimenti: la panna e il formaggio. La panna è dolce e morbida, il formaggio è asciutto e solido. La panna raffigura l'innocenza della natura, come fu prima del peccato; il formaggio sta a significare la colpevolezza e le privazioni che subì dopo il peccato.
    Maledetta - è detto - la terra, cioè la carne, per la tua opera, cioè a causa del tuo peccato; spine e cardi, cioè dolori grandi e piccoli, produrrà per te (cf. Gn 3,17-18). Cristo invece non mangiò formaggio ma panna, perché assunse la nostra natura come l'aveva Adamo prima del peccato, non come l'ebbe dopo il peccato: assunse infatti non tanto l'involucro, quanto la sostanza dell'involucro, non il peccato, ma la pena del peccato.
    Cristo fu anche l'ape che si ferma sul fiore, cioè sulla beata Vergine, a Nazaret, nome che significa "fiore". Di quest'ape è detto nell'Ecclesiastico: "L'ape è piccola tra gli esseri alati, ma il suo prodotto ha il primato tra i dolci sapori" (Eccli 11,3). Infatti Cristo nella sua prima venuta ebbe il miele della misericordia; invece nella seconda colpirà con il pungiglione della giustizia. "Misericordia e giustizia ti voglio cantare, o Signore!" (Sal 100,1), esclama il profeta.
    Adesso vedi chiaramente in quale modo Cristo discese con delicatezza, come la pioggia sull'erba.
10. Di questa delicatezza è detto nel terzo libro dei Re: Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu il terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu il fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il soffio (il mormorio) di un vento leggero: e lì c'era il Signore (cf. 3Re 19,11-12). Nel vangelo di oggi hai questi quattro momenti. Il vento grande e forte fu il saluto dell'angelo che prometteva grandi cose: promesse rivolte a una donna fortissima da Gabriele, il cui nome significa "fortezza di Dio". Questo saluto sconvolse i monti della superbia e spezzò le pietre, cioè la durezza della sapienza umana.
    Le quattro parti di cui si compone questo saluto possono essere paragonate alle quattro proprietà della pietra preziosa chiamata zaffiro. Sembra che lo zaffiro mostri in se stesso una stella: a questa proprietà si riferisce l'espressione: "Ave, piena di grazia" (Lc 1,28). Lo zaffiro è di colore azzurro, e a questo si riferiscono le parole: "Il Signore è con te" (Lc 1,28). Lo zaffiro coagula il sangue; e con questa proprietà concordano le parole: "Benedetta tu fra le donne" (Lc 1,28), perché Maria fermò il sangue della prima maledizione. Lo zaffiro infine guarisce le ulcere della pelle, e a questa proprietà si riferiscono le parole: "Benedetto il frutto del tuo ventre" (Lc 1,42), il quale frutto uccise il diavolo. Giustamente quindi è detto: "Ci fu un vento impetuoso", ecc. , ma lì non c'era il Signore, non ci fu cioè l'incarnazione del Verbo. Dopo il vento del saluto ci fu il terremoto: "Ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto" (Lc 1,29); e neanche lì ci fu il Signore, cioè l'incarnazione del Verbo. E dopo il terremoto, il fuoco, cioè l'intervento dello Spirito Santo e l'adombramento della potenza dell'Altissimo (cf. Lc 1,35): ma neppure lì ci fu il Signore. E dopo il fuoco finalmente ci fu il mormorio di un vento leggero, vale a dire la risposta di Maria: "Ecco l'ancella del Signore!" (Lc 1,38), e lì ci fu il Signore, cioè l'incarnazione del Figlio di Dio. Infatti quando disse: "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38), subito "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14).
11. La rugiada apporta anche refrigerio. Così il Figlio di Dio effonde acqua fresca sul genere umano, oppresso dall'ardore della persecuzione diabolica. Di quest'acqua dice Salomone: "Come acqua fresca per una gola riarsa è una buona notizia da un paese lontano" (Pro 25,25). Il buon messaggero, portatore di buone nuove, fu Gesù Cristo, che effuse con larghezza la fresca acqua della sua incarnazione nell'anima di Adamo e in quelle dei suoi posteri, riarse dalla sete nel fuoco della geenna, quando le estrasse dal pozzo senz'acqua rinfrescante, in virtù del sangue della sua alleanza (cf. Zc 9,11). A ragione dunque il Figlio dice per bocca di Osea: "Sarò come rugiada" che scende con delicatezza al mattino e arreca refrigerio.
    Dice ancora la Scrittura: "Israele fiorirà come un giglio". Israele si interpreta "che vede Dio", e sta ad indicare la Vergine Maria, che vide Dio in quanto lo nutrì nel grembo, lo allattò al suo petto, lo portò in Egitto. Maria, irrorata della rugiada (dello Spirito Santo) fiorì come giglio, la cui radice è medicinale, lo stelo solido ed eretto verso l'alto, il fiore candido e i petali aperti. La radice della Vergine Maria fu l'umiltà, avendo sempre represso i moti dell'orgoglio; il suo stelo fu solido giacché rinunziò a tutte le cose temporali, e fu eretto verso l'alto per la contemplazione delle cose celesti; il suo fiore fu bianco per il candore della sua verginità. Maria fu un giglio con i petali aperti, mèmore della sua radice, quando disse: "Ecco l'ancella del Signore". E questo giglio fiorì e germogliò quando, restando intatto il fiore della verginità, partorì il Figlio di Dio Padre. "E come il giglio non danneggia il suo fiore spandendo il suo profumo, così la beata Vergine non violò il fiore della sua verginità quando partorì il Salvatore" (Guerrico, ab. ( 1157)."Metterà radici come un albero del Libano e si espanderanno i suoi rami". La radice del giglio raffigura l'intenzione del cuore: se essa è semplice - come dice il Signore: "Se il tuo occhio", cioè l'intenzione del tuo cuore, "sarà semplice" -, vale a dire senza la doppiezza della frode, si espanderanno i suoi rami, perché cresceranno verso l'alto le sue opere, e così "tutto il tuo corpo", cioè le opere che ne conseguono, "sarà luminoso" (Lc 11,34). La radice appunto, cioè l'intenzione della beata Vergine fu purissima e olezzante, e da essa procedettero i rami delle sue opere, diritti e rivolti verso l'alto. E osserva anche che la radice dell'intenzione viene detta "del Libano", perché dalla purezza dell'intenzione proviene l'incenso, cioè il profumo della buona fama."Avrà la bellezza dell'olivo", che è il simbolo della pace e della misericordia. La beata Vergine Maria, nostra mediatrice, ristabilì la pace tra Dio e il peccatore. Per questo si dice di lei nella Genesi: "Porrò il mio arco sulle nubi, ed esso sarà il segno dell'alleanza tra me e la terra" (Gn 9,13). L'arcobaleno ha due colori: il colore dell'acqua e il colore del fuoco. Nell'acqua, che nutre tutte le cose, è simboleggiata la fecondità di Maria; nel fuoco, la cui fiamma non può essere lesa dalla spada, è indicata la sua inviolata verginità. Questo è il segno dell'alleanza e della pace tra Dio e l'uomo peccatore. Ed è anche l'olivo della misericordia. E a questo proposito il beato Bernardo dice: "O uomo, tu hai un accesso sicuro a Dio, perché presso di lui hai la Madre davanti al Figlio e il Figlio davanti al Padre. La Madre mostra al Figlio il suo grembo e il suo seno, il Figlio mostra al Padre il suo costato e le sue ferite. Non ci sarà quindi alcuna ripulsa, là dove sono insieme raccolti tanti segni di amore"."La sua fragranza sarà come il Libano". Libano si interpreta "bianchezza", e indica il candore della vita innocente della beata Vergine Maria, il cui profumo, diffuso ovunque, ridona ai morti la vita, ai disperati il perdono, ai penitenti la grazia, ai giusti la gloria.
    Per i meriti e per l'intercessione di Maria, la rugiada dello Spirito Santo temperi gli ardori della nostra mente, cancelli i nostri peccati, infonda in noi la grazia, affinché meritiamo di giungere alla gloria immortale della vita eterna. Ce lo conceda colui che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen.
12. "Come il fiore della rosa nei giorni di primavera, come un giglio lungo un corso d'acqua" (Eccli 50,8).
    Dice l'Ecclesiastico: "Fruttificate come una pianta di rose su un torrente; come il Libano spandete un buon profumo, fate sbocciare fiori, spandete profumo come il giglio e fate fronde rigogliose" (Eccli 39,17-19). Le esortazioni contenute in questa citazione sono concretizzate in tre atti: l'abbondanza delle lacrime, l'insistenza della preghiera e l'innocenza della vita.
    Le rose sono le anime dei fedeli, arrossate dal sangue di Gesù Cristo, che devono essere piantate sulle rive di un torrente, cioè su un profluvio di lacrime, perché possano produrre frutti degni di penitenza. Devono avere, come il Libano, l'incenso della preghiera devota, che si diffonde come un soave profumo. Devono effondere, come il giglio, il profumo della buona reputazione con l'onestà di una vita intemerata, e profondersi nel ringraziare il Signore. Se le anime dei fedeli avranno tutto ciò, potranno partecipare degnamente a questa festività, cioè alla nascita del Signore, al parto della beata Vergine, della quale è detto: "Come il fiore delle rose nella stagione di primavera, ecc. "
13. "Il parto della Vergine gloriosa è paragonato alla rosa e al giglio, perché come questi fiori, pur spandendo un profumo soavissimo, non si deteriorano, così Maria, dando alla luce il Figlio di Dio, restò intatta nella sua verginità. Quindi il Padre, quando la Vergine Maria partoriva il suo Figlio, poteva dire ciò che Isacco disse a Giacobbe: "Ecco il profumo del mio figlio, come il profumo di un campo ubertoso, che Dio ha benedetto" (Gn 27,27). La natività di Cristo fu come il profumo di un campo ripieno di fiori, perché lasciò intatto il fiore della verginità della Madre, quando da essa venne alla luce. E la beata Vergine stessa fu un campo pieno di rose e gigli, che il Signore benedisse; infatti di lei è detto: "Benedetta tu fra le donne" (Lc 1,28).
    Osserva che Maria si turbò quando si sentì proclamare "benedetta fra le donne", lei che aveva sempre preferito sentirsi dire "benedetta fra le vergini": per questo "si domandava quale senso avesse quel saluto" (Lc 1,29), che in un primo momento le sembrava sospetto. E quando nella promessa di un figlio tutto le fu chiaro, non poté più ignorare il pericolo che correva la sua verginità, e disse: "Come può avvenire questo, dal momento che io non conosco uomo?" (Lc 1,34), cioè mi sono prefissa di non conoscerlo? Altri dicono che fosse turbata, perché sentiva dire di sé, ciò che assolutamente non le sembrava di essere. "Virtù davvero rara, che la tua santità così evidente, sia ignota solo a te stessa!" - esclama il beato Bernardo. Egli poi aggiunge: Tu magari in segreto ti deprezzi, perché ti pesi con la bilancia della verità; poi invece in pubblico, pensando di essere di ben altro valore, ti vendi a noi ad un prezzo superiore a quello che hai fatto a te stesso.
    Quindi del parto verginale di Maria diciamo: "Come il fiore della rosa nei giorni di primavera". Diciamo primavera (in lat. ver) perché verdeggia. Infatti in primavera la terra si veste di erbe, si colora di fiori variopinti, ritorna il clima mite, gli uccelli "suonano la cetra" e tutto sembra sorridere. Ti rendiamo grazie, Padre Santo, perché nel pieno dell'inverno, tra i più grandi freddi, ci hai largito un tempo primaverile. Infatti in questa nascita del Figlio tuo, Gesù benedetto, che si celebra in pieno inverno, nella stagione dei freddi più intensi, ci hai dato un tempo primaverile, ricolmo di ogni incanto.
    Oggi la Vergine, terra benedetta, ricolma della benedizione del Signore, ha partorito l'erba verdeggiante, il pascolo dei penitenti, cioè il figlio di Dio. Oggi la terra si colora con i fiori delle rose e i gigli delle convalli. Oggi gli angeli, accompagnandosi con la cetra, cantano: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli" (Lc 2,14). Oggi viene ristabilita sulla terra la tranquillità e la pace. Che vuoi di più? Tutto sorride, tutto esulta. E perciò l'angelo dice ai pastori: "Ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo; oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,10-12).
14. Osservate bene, carissimi, che l'angelo appare ai pastori delle pecore, perché, come dice Salomone, "con i semplici è la sua familiarità" (Pro 3,32). Coloro che custodiscono nella mente quasi un gregge di pensieri semplici e innocenti, si sentono dire dall'angelo: "Questo per voi il segno", con il quale vi garantirete; "troverete un infante", ecco l'umiltà; "adagiato in una mangiatoia", non attaccato al petto della madre, ecco l'astinenza; "avvolto in fasce", ecco la povertà. Con questo segno il Padre ha contraddistinto il Figlio (cf. Gv 6,27) e lo ha mandato nel mondo. Con questo segno voi vi garantirete: Troverete un "infante", cioè uno che non parla (lat. infans, che non parla). In verità fu uno che non parlò, perché davanti a coloro che lo tosarono, non solo, ma che lo tosarono e lo uccisero, egli restò come muto e non aprì la sua bocca (cf. Is 53,7).
    Troverete dunque un infante. Sì, "infante", colui che ora tace, quasi fingendo di ignorare i peccati degli uomini; e poiché non manda il castigo, i peccatori credono ch'egli non veda. Per questo il Signore si lamenta per bocca di Isaia: "Hai mancato di fede e non ti sei ricordata di me e non hai riflettuto nel tuo cuore: perché io tacevo come se non vedessi, ti sei scordata di me. Io farò conoscere la tua (falsa) giustizia" (Is 57,11) e ti retribuirò secondo le tue opere (cf. Pro 24,29); delle quali opere aggiunge: "E le tue opere non ti saranno di alcun vantaggio" (Is 57,12).
    Troverete un infante. Ahimè, ahimè! Non "chi non parla", ma chi abbaia, chi detrae, chi mormora, chi àdula io trovo, ovunque mi volga. E tu dici: "Troverete un infante"? Io trovo chi parla, chi leva la sua bocca fino al cielo e la sua lingua percorre la terra (cf. Sal 72,9); trovo cioè chi nella sua maldicenza non risparmia né il giusto né il peccatore. Trovo chi parla, chi chiama bene il male e male il bene, chi cambia le tenebre in luce e la luce in tenebre, l'amaro in dolce e il dolce in amaro (cf. Is 5,20)."Adagiato in una mangiatoia". Quasi tutti, come i puledri di asino, succhiano le mammelle da tergo, si abbandonano cioè ai piaceri della gola e della lussuria. Il Signore fu deposto in una mangiatoia, e costoro si attaccano alle mammelle "della grande prostituta, che con il vino della sua prostituzione ha ubriacato gli abitanti della terra (cf. Ap 17,1-2), per finire poi appesi al cappio della geenna per l'eterna rovina della loro anima."Lo troverete avvolto in panni". In panni, e non in pelli di animale, con le quali furono rivestiti i progenitori, cacciati dal paradiso. Coloro che si vestono di pelli sono nelle dimore dei demoni. Le pelli sono così chiamate da pellere, che vuol dire scacciare, togliere, da cui abbiamo "pellex", cioè concubina e meretrice. "Pellex" da "pellicio", adescare, perché la meretrice adesca gli uomini con la bellezza della sua pelle. Il verbo latino "pellicio" significa "attirare lusingando". I crapuloni e le meretrici si vestono di pelli, perché fanno vanto dell'apparenza esteriore.
    Che cosa dirò degli effeminati prelati del nostro tempo, che si agghindano come donne destinate alle nozze, si rivestono di pelli varie, e le cui intemperanze si consumano in lettighe variopinte, in bardature e sproni di cavalli che rosseggiano del sangue di Cristo? Ecco a chi viene affidata oggi la sposa di Cristo, il quale fu avvolto in panni e adagiato in una mangiatoia, mentre essi si rivestono di pelli e si abbandonano alla lussuria in letti di avorio.
    Elia e Giovanni [il Battista] portavano una cintura di pelle stretta ai fianchi. O pelli invecchiate in giorni di peccato (cf. Dn 13,52), se volete vestirvi di pelli, indossate una cintura e non una tunica di pelle, e stringetela ai fianchi (cf. Mt 3,4), per mortificare la pelle del vostro corpo. "Pelle per pelle, - leggiamo in Giobbe - e tutto ciò che l'uomo ha, è pronto a darlo per la sua vita" (Gb 2,4). Mortificate la pelle del vostro corpo destinato alla morte, per riaverla glorificata nella risurrezione finale. O pastori della chiesa, questo sarà anche per voi il segno: "Troverete un bambino... ". Contrassegnatevi anche voi col segno dell'umiltà e dell'astinenza di questo bambino e con il sigillo della sua aurea povertà, voi che vivete del suo patrimonio.
15. "Come il fiore della rosa nel tempo della primavera". Osserva che, come Dio ha creato il mondo in primavera, cioè in marzo, così nella natività del suo Figlio ha fatto un mondo nuovo, tutto rinnovando.
    Nel primo giorno Dio disse: "Sia la luce, e la luce fu" (Gn 1,3). Oggi il Verbo del Padre, per mezzo del quale tutto è stato fatto, si è fatto carne (cf. Gv 1, 3. 14). Questa Luce, che disse "sia la luce", oggi è qui. Perciò di essa si canta oggi nella Messa della Luce (dell'aurora): Oggi splenderà su di noi la luce, perché è nato il Signore (cf. Is 9,2).
    Osserva che oggi si celebrano tre messe: la messa di mezzanotte, nella quale si canta "Il Signore mi ha detto: Tu sei mio Figlio; oggi ti ho generato" (Sal 2,7), e questo ci ricorda la misteriosa generazione della divinità, che nessuno può descrivere; la messa della luce (dell'aurora), che ci ricorda la generazione dalla Madre; la messa dell'ora terza (del giorno), che ci ricorda ad un tempo la generazione del Padre e della Madre: in questa terza messa si canta "Ci è nato un Bambino", e questo si riferisce alla nascita dalla Madre; e si legge il vangelo di Giovanni "In principio era il Verbo" (Gv 1,1), che si riferisce alla generazione dal Padre.
    Quindi la prima messa si canta nel cuore della notte, perché la generazione dal Padre è misteriosa anche per noi credenti. La seconda messa si canta di primo mattino, perché la generazione dalla Madre è stata sì visibile anche per noi, ma avvolta in una certa qual nebbia. Chi infatti può sciogliere i legacci dei suoi sandali, vale a dire penetrare il mistero della sua incarnazione? (cf. Mc 1,7; Lc 3,16; Gv 1,27). La terza messa in fine si canta in pieno giorno, perché nel giorno dell'eternità, quando ogni oscurità sarà eliminata, sapremo perfettamente in quale modo Gesù Cristo sia stato generato dal Padre, e in quale modo dalla Madre. Allora infatti conosceremo colui che tutto conosce, perché lo vedremo faccia a faccia e saremo come è lui (cf. 1Gv 3,2). Giustamente quindi è detto: "Come rugiada nei giorni di primavera".
16. "Come i gigli lungo un corso d'acqua". Osserva che il giglio nasce da terra non coltivata, germoglia nelle valli, è profumato e candido; chiuso, mantiene il profumo, aperto lo diffonde; ha sei petali, ha gli stami dorati e nel centro il pistillo; ha la proprietà di guarire le ustioni. È chiamato giglio perché è quasi latteo (lat. lilium, lacteum), e raffigura la beata Vergine, candida per lo splendore della verginità, che è nata da genitori casti e umili: Gioacchino, il cui nome significa "Dio rialza", e Anna, che vuol dire "grazia". Oggi Maria ha partorito il Figlio di Dio come il giglio effonde il suo profumo.
    Questo giglio ha sei petali, ecc. Su questo leggi la spiegazione del brano evangelico "Mentre le folle facevano ressa intorno a Gesù" (Lc 5,1) della domenica V dopo Pentecoste, II parte, dove si parla dei sei gradini del trono di Salomone.
    Gli stami dorati del giglio sono la povertà e l'umiltà, virtù che in Maria furono l'ornamento della sua verginità. Il pistillo al centro del giglio raffigura la sublimità del divino amore che era nel cuore della beata Vergine. È lei la medicina dei peccatori, che sono stati ustionati dal fuoco dei vizi.
    Di costoro dice Gioele: "Tutti i loro volti diverranno del colore della pentola" (Gl 2,6). La pentola è un vaso che serve per cuocere, ed è così chiamata (lat. olla) perché in essa l'acqua, con il fuoco sotto, bolle e produce vapore. Per questo è detta anche "bolla", la quale si produce all'interno dell'acqua come per lo spirare del vento. La pentola è la mente del peccatore, nella quale sta l'acqua della concupiscenza, che produce le bolle dei pensieri perversi, quando sotto vi è posto il fuoco della suggestione diabolica. Da questa pentola procede il fumo del cattivo consenso che acceca gli occhi dell'anima: e così la mente del peccatore si copre di nero. Il volto è chiamato così perché da esso traspare la volontà dell'animo (vultus, voluntas), e sta ad indicare le opere, dalle quali si conosce l'uomo. Perciò i volti dei peccatori diverranno del colore della pentola, quando dalla nerezza della mente vengono contaminate le opere. La beata Vergine Maria, con il candore risanante della sua santità elimina questa nerezza, risana questa ustione e ridona la piena salute a coloro che sperano in lei."Come i gigli lungo un corso d'acqua", quasi a dire: Come i gigli lungo un corso d'acqua permangono nella loro freschezza e bellezza e con il loro profumo, così la Vergine Maria, quando diede alla luce il Figlio, restò nella freschezza e nella bellezza della sua verginità.
    Ti preghiamo quindi, o nostra Signora, alma Madre di Dio: in questa festa della natività del tuo Figlio, che hai generato restando vergine, che hai avvolto in panni, che hai deposto nella mangiatoia, ottienici da lui il perdono, risana le ustioni della nostra anima, che ci siamo procurati con il fuoco del peccato; risanale con il balsamo della tua misericordia, per mezzo della quale meritiamo di giungere al gaudio dell'eterna festa.
    Ce lo conceda colui che oggi si è degnato di nascere da te, o Vergine gloriosa, e al quale è onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.