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Pubblicato il 29 Agosto 2019

La Basilica del Santo e i suoi muri affrescati

Indagini e nuove scoperte nei secoli di Giotto e di Donatello

Non smette mai di stupire e di rivelare nuovi tesori d’arte la Basilica di Sant’Antonio a Padova, sui cui muri, grazie a nuovi lavori di restauro nella Cappella della Madonna Mora, sono ritornati alla luce nuovi affreschi, mentre grazie a innovative indagini diagnostiche nella Sala del Capitolo si prospetta concretamente la possibilità di nuove scoperte, del tempo di Giotto.

I progetti di restauro e di studio sono stati promossi dalla Veneranda Arca di S. Antonio. Gli affreschi sono stati condotti e coordinati dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova, le indagini diagnostiche dal Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio dei Materiali Cementizi e dei Leganti Idraulici (CIRCe) dell’Università di Padova.

La Cappella della Madonna Mora, sito corrispondente all’antica chiesetta di Santa Maria Mater Domini, annessa al convento in cui dimorò sant’Antonio, è il nucleo a partire dal quale si è sviluppata nei secoli l’intera basilica. Dopo la recente individuazione della mano di Giotto nelle due imponenti figure rappresentanti i Profeti Isaia e Davide raffigurate sulla parete retrostante l’altare con la statua Madonna con il Bambino (di epoca successiva e attribuita a Rinaldino di Francia), i recenti restauri hanno consentito di riportare all’originario splendore alcuni interessanti affreschi, collocati a sinistra del varco d’accesso in due registri sovrapposti, e di scoprire una nuova porzione di intonaco affrescato, consentendo anche di attribuirne con verosimiglianza l’autore, benché gli studi siano ancora in corso.

Al livello inferiore troviamo raffigurate quattro figure di Santi, tra cui san Bartolomeo, riconoscibile dal profilo del coltello stampigliato sull’intonaco, e la coppia di santi medici Cosma e Damiano, una presenza davvero interessante, che vestono tuniche eleganti dal colletto rigido, copricapo in vaio, e reggono, stretto nel palmo della mano, il vaso degli unguenti. Grazie alla nuova leggibilità restituita dal restauro, l’ipotesi è di riconoscervi la mano di Stefano di Benedetto da Ferrara (metà del XIV secolo).

Sopra i quattro Santi, su uno strato di intonaco posteriore, si distende invece un’imponente, anche se frammentaria, Madonna in trono con il Bambino. I lavori di restauro hanno consentito di riportare alla luce l’intera composizione, incentrata sulla struttura gotica fiorita del trono. Essa è delimitata da cornici decorative che alternano settori ornati con elementi vegetali e medaglioni racchiudenti ritratti di imperatori romani, di cui ne sopravvive integro solamente uno, colto di profilo. Sotto è tornata leggibile una data, seppure incompleta, che colloca la pittura intorno al 1410, periodo confermato anche a giudicare dai caratteri stilistici dell’opera. Gli studi in corso indirizzano verso l’attribuzione al Maestro di Roncaiette, attivo a Padova nell'ultimo decennio del XIV e i primi del XV secolo.

Non è tuttavia solo l’intonaco della cappella della Madonna Mora a custodire dietro di sé i tesori della basilica. Nella Sala del Capitolo sono state effettuate numerose analisi diagnostiche d’avanguardia nell’ambito di un progetto multidisciplinare volto a verificare lo stato di conservazione degli affreschi e degli intonaci presenti (dicembre 2017 - aprile 2018).

Il progetto ha avuto due obiettivi principali: da una parte l’indagine approfondita delle superfici visibili trecentesche e di quelle coperte dall’intonaco seicentesco della porzione centrale della parte est. In particolare, ci si è concentrati sulle due porzioni di intonaco scoperte duranti i lavori effettuati prima del 1900, che rivelano due frammenti di una crocifissione, probabilmente eseguita da Giotto nella sala. Pertanto, ipotizzando, a partire dai due frammenti, quale potesse essere la struttura della crocifissione e la posizione della figura di Cristo crocifisso, le indagini si sono concentrate sulla parte alta della parete, ed in particolare all’altezza del finto timpano affrescato alla metà del Seicento, dove è visibile lo stemma francescano. È stato dunque possibile concludere che con buona probabilità esistono ampie porzioni dell’affresco giottesco da recuperare sotto lo strato superficiale.

 

Fonte: Ufficio stampa Veneranda Arca di S. Antonio - Credit fotografici: Veneranda Arca di S. Antonio

Per informazioni: www.arcadelsanto.org